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Invecchiare bene? Dipende anche dai batteri

Articolo di SoLongevity Research

Si chiama microbiota intestinale e sta acquisendo sempre maggiore rilevanza agli occhi della scienza. Ricerche recenti lo hanno collegato anche al processo di invecchiamento. Scoprendo che, se li trattiamo bene, i nostri batteri possono aiutarci a invecchiare più lentamente e meglio

Di cosa parla questo articolo

  • Che cos’è il microbiota intestinale e perché è importante studiarlo
  • Come cambia la composizione delle popolazioni batteriche nel tempo e perché sono connesse all’invecchiamento
  • In che modo è possibile modulare il microbiota per ridurre l’infiammazione e potenziare il sistema immunitario

 

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Lo studio del microbiota

I primi tentativi di osservare il microbiota risalgono addirittura alla seconda metà del Seicento, tuttavia il suo studio ha avuto un exploit solo recentemente, con lo sviluppo della metagenomica.

Questa è la branca della scienza che analizza tutto il materiale genetico presente in un determinato ambiente. Il metagenoma umano, per esempio, è costituito dal materiale genetico dell’essere umano e da quello proveniente da batteri, funghi e virus che affollano il nostro organismo.

Il vero salto di qualità nello studio del microbiota umano, però, si deve alla mappatura dei ceppi batterici sulla base delle sequenze di Rna ribosomiale 16S, molecole tipiche, appunto, dei batteri e non presenti nelle cellule umane.

Dalla pelle al sistema uro-genitale, il nostro corpo pullula di microrganismi. E l’intestino non fa eccezione. Il microbiota intestinale, anzi, è fondamentale per la nostra salute a qualsiasi età. Produce vitamine aminoacidi essenziali per il nostro organismo ed è in grado di attivare gli acidi biliari. Inoltre metabolizza i polisaccaridi di origine vegetale (cioè le fibre) e supporta l’assorbimento dei grassi (lipidi) da parte dell’intestino.

Microbiota e invecchiamento
La composizione del microbiota – unica per ciascun individuo – viene influenzata da tanti fattori, come la dieta e l’esercizio fisico. Ma anche l’età conta: col passare del tempo va incontro ad alterazioni che a volte sono tali da provocare delle vere e proprie patologie gastrointestinali.

La metagenomica è la branca della scienza che analizza tutto il materiale genetico presente in un determinato ambiente.

A mostrare i cambiamenti più comuni del microbiota nel tempo sono stati alcuni studi di coorte che hanno paragonato la flora intestinale di individui adulti con quella di persone più anziane.

Questo confronto ha fatto emergere come la biodiversità microbica, in media, diminuisca con l’avanzare dell’età.
In particolare, a scemare sono le specie batteriche che producono acidi grassi a catena corta (Scfa), come acetato butirrato.

Gli Scfa, però, sono noti per regolare uno dei meccanismi molecolari alla base dell’invecchiamento (la via di segnalazione di mTor) e per modulare la risposta immunitaria, inibendo i mediatori dell’infiammazione.

La biodiversità microbica diminuisce con l’avanzare dell’età. A diminuire sono le specie batteriche che producono gli acidi grassi a catena corta, noti per regolare uno dei meccanismi dell’invecchiamento e la risposta immunitaria.

Il microbiota intestinale è fondamentale per la nostra salute a qualsiasi età. Produce vitamine e aminoacidi essenziali per il nostro organismo ed è in grado di attivare gli acidi biliari. Inoltre metabolizza i polisaccaridi di origine vegetale (cioè le fibre) e supporta l’assorbimento dei grassi (lipidi) da parte dell’intestino.

È possibile, dunque, che ciò concorra a rendere l’intestino – e in generale l’organismo – degli anziani più fragile. Negli ultimi 10 anni, inoltre, è stato dimostrato che la flora intestinale è collegata alla formazione della barriera ematoencefalica e a processi di mielinizzazione e neurogenesi, lasciando pensare che un’alterazione del microbiota intestinale possa predisporre allo sviluppo di malattie neurodegenerative.

Gli studi sulla flora batterica dei centenari e di chi soffre di condizioni come il diabete e l’obesità fanno pensare che esistano batteri “buoni” e batteri “cattivi”

D’altra parte, l’analisi del microbiota dei centenari ha riservato delle sorprese. Il profilo della flora intestinale delle persone che vivono oltre 100 anni è unico ed è caratterizzato dalla presenza di specie come AkkermansiaChristensenellaceae e Bifidobacterium.

Questa evidenza, unita a studi che comparano il microbiota intestinale di individui sani con quello di persone affette da patologie come il diabete e l’obesità, lascia supporre che ci siano specie microbiche buone e altre cattive.

Qui, tuttavia, una precisazione è d’obbligo: non esistono specie batteriche buone cattive in assoluto, ma la bontà di un ceppo batterico dipende più che altro dal suo equilibrio nell’ecosistema intestinale. Se un batterio prolifera troppo a spese di altre specie, ecco che diventa cattivo.

Invecchiare meno, invecchiare meglio

Tutto quello che facciamo incide potenzialmente sul microbiota intestinale, dieta in primis.

Con l’età, dunque, mantenere la diversità dei ceppi batterici diventa sempre più importante, così da invecchiare più lentamente e meglio.  Ma come? I microbi sono sensibili all’ambiente, ossia agli stimoli che provengono dall’organismo ospite. Pertanto tutto quello che facciamo incide potenzialmente sul microbiota intestinale, dieta in primis.

Oggi abbiamo la possibilità di monitorare il microbiota grazie a test su campioni fecali che ci danno informazioni utili per la gestione di una dieta personalizzata.

Proprio perché il microbiota di ciascuno di noi è unico, non esiste una dieta che vada bene per tutti. La regola generale è di seguire un’alimentazione varia, che includa cibi di derivazione sia animale che vegetale, aiuta a aumentare la biodiversità microbica intestinale. Tuttavia oggi abbiamo la possibilità di monitorare il microbiota grazie a test su campioni fecali che ci danno informazioni utili per la gestione di una dieta personalizzata.

l’analisi del microbiota dei centenari ha riservato delle sorprese. Il profilo della flora intestinale delle persone che vivono oltre 100 anni è unico ed è caratterizzato dalla presenza di specie come Akkermansia, Christensenellaceae e Bifidobacterium.

Anche probioticiprebiotici simbiotici possono essere d’aiuto. I probiotici sono alimenti che contengono ceppi batterici buoni, che riescono ad arrivare vivi fino al nostro intestino e a colonizzarlo. I prebiotici, invece, sono sostanze non digeribili come le fibre idrosolubili, che raggiungono il tratto intestinale e nutrono i batteri. Il processo con cui i batteri demoliscono le fibre si chiama fermentazione e i suoi prodotti di scarto sono in realtà utili al nostro organismo.  Infine vengono chiamati simbiotici quei composti che contengono sia probiotici sia prebiotici.

Sebbene servano ulteriori studi, i dati suggeriscono che questi piccoli interventi di modulazione del microbiota intestinale, se assunti sotto controllo medico e con criterio, possano avere una efficacia sulla salute complessiva, riducendo l’infiammazione e migliorando la funzionalità del sistema immunitario.

Infine, anche mantenersi attivi e ben inseriti nel tessuto sociale avrebbe un peso. La biodiversità del microbiota intestinale nell’anziano, infatti, appare diminuire in contesti di maggior isolamento.

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Nicola Palmarini è uno dei principali esperti globali di innovazione nell’invecchiamento e nella longevità ed è il direttore del National Innovation Centre for Ageing (NICA) del Regno Unito, un’organizzazione globale sostenuta da un investimento iniziale del governo britannico e dell’Università di Newcastle per aiutare a co-innovare – insieme ai cittadini e alle organizzazioni pubbliche e private – servizi, tecnologie e prodotti e a proporli al mercato attraverso modelli di business innovativi, etici e sostenibili. È membro del Comitato scientifico di SoLongevity.

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